Scrivo perché amo osservare il caos, e contemplarne le sfumature.
Scrivo per fornire, innanzi tutto a me stesso, una, due, molteplici interpretazioni degli eventi che mi colpiscono – fatti del giorno prima, o del secolo prima, non ha alcuna importanza.
La ricerca di uno stupore interpretativo, a ben vedere, o di un motivo di indignazione.
Scrivo per il piacere di raccontare il dubbio, ed il dubbio che succede al dubbio; giacché dubitare è l’attività intellettuale che più mi diverte, che più mi appaga e meglio mi riesce.
Scrivo per la gioia egoista che dà la memoria di se stessi.
Più di tutto, scrivo perché “non c’è piacere paragonabile a quello di inventare lettori immaginari”.
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