Ricapitolando: cinquanta giorni di polemiche feroci esplose in seno al M5S (alcune pretestuose in verità, altre puntuali, circostanziate e piuttosto preoccupanti) sono state spazzate via in soli tre giorni grazie ad una strategia di comunicazione politica tossica da Oscar del marketing.
Proviamo dunque a riassumere per sommi capi le spinose questioni di cui sopra, prima che la glassa quirinalizia delle prossime ore le ricopra inesorabilmente, consegnandole a quella parte in genere poco appassionante della Storia che si è soliti definire oblio.
Segue elenco:
– Democrazia interna al M5S.
– Libertà di voto e/o di dissenso dei parlamentari grillini.
– Prove di inesperienza – quando non di conclamata ignoranza – fornite da molti dei pentastellati circa le più elementari nozioni, non solo di diritto costituzionale, ma anche di banale prassi parlamentare.
– Scontro fratricida all’interno del Movimento tra i sostenitori dell’intransigenza tout court e quanti (a proposito: quanti?) avrebbero invece visto di buon occhio un Governo PD + M5S, articolato intorno agli ormai famigerati otto punti di Bersani.
– Disputa sulle buste paga del parlamentare grillino medio, il cui totale percepito, tra stipendio ed indennità, si colloca ben al di sopra di quanto annunciato ossessivamente dal Deus ex machina genovese in campagna elettorale.
– Inchieste sull’assenza di trasparenza finanziaria delle aziende riconducibili al Movimento, “Casaleggio Associati” in primis.
– Comportamenti ed epiteti oggettivamente poco nobili (ed intrisi di quel sessimo medievale e buzzurro che ci ha reso noti in tutto il mondo, al pari di Spaghetti, Mafia e Ferrari) che consiglieri comunali di Bologna hanno riservato alla loro collega ex-grillina Federica Salsi.
– Revoca del principio di turnazione dei portavoce Crimi e Lombardi.
– Altre minuzie varie (uffici stampa nominati e cancellati, troll e schizzi di merda d’ogni sorta, tweet in libertà, conoscenza approssimativa de “la costituzione più bella del mondo” and so on).
Ecco: tutto questo, grazie ad un formidabile baraccone comunicativo genialmente battezzato Elezioni quirinarie on-line, è stato, di fatto, completamente dimenticato.
Analizziamole, perciò, queste benedettissime quirinarie.
In primo luogo, non si è trattato di un voto, ma di un sondaggio al quale era possibile partecipare esclusivamente dopo aver fornito le proprie generalità; a livello informatico, ogni partecipante ha potuto esprimere la propria preferenza attraverso un Id ed una password che rendessero identificabile sia il votante che la preferenza stessa.
Nessun dato sulla partecipazione, nessuna conferma di acquisizione del voto.
E non solleviamo, per pura decenza, la questione legata al rispetto della privacy che questo meccanismo ha in nuce, soprattutto rispetto a chi, e come, effettivamente gestirà da qui in avanti questi dati.
Si è parlato di circa 48000 partecipanti; in realtà, nessuno può effettivamente sapere quanti siano davvero stati, giacché questo dato può essere fornito esclusivamente dall’amministratore di sistema. Quel che invece sappiamo per certo è che, nei tre giorni di quirinarie, il pacchetto di siti e pagine orbitanti intorno alla galassia “beppegrillo.it” si è attesto intorno ai tre milioni di contatti.
Nessuna società terza ha certificato il voto (il che è piuttosto ovvio dal momento che, come già chiarito, non si è trattato di un voto). La Casaleggio Associati, una azienda privata che si occupa di e-commerce, si è limitata a contattare una società di servizi, la DNV Business Assurance, la quale ha sostanzialmente proceduto ad un controllo qualità in rete; tale controllo ha riguardato solo ed esclusivamente le policy del sito. Non si è proceduto a nessuna verifica di backoffice, ma esclusivamente ad un controllo esterno di sistema.
Non c’è stato nessun attacco hacker. La stessa DNV Business Assurance, incaricata di controllare ed analizzare il corretto funzionamento del software di gestione del sondaggio, ha ufficialmente dichiarato di non poter certificare alcun tentativo di hackeraggio. Nessun picco di accessi, nessun breakdown del sito, nessuna penetrazione di sistema, nessun messaggio; di fatto, nulla che possa far pensare ad un attacco esterno.
Quel che resta, al netto di ogni retorica possibile e di ogni evocazione di fantomatici nemici digitali, è dunque un sondaggio, in cui cinquantamila persone (forse) hanno espresso una preferenza circa quale potesse essere, per loro, il Presidente della Repubblica ideale; una rilevazione infinitamente meno interessante da osservare di un qualunque sondaggio di opinione condotto con credibili e certificabili criteri di analisi statistica.
Tanto per esser chiari, un qualunque Mannheimer (o Pagnoncelli, se preferite) fornisce, settimanalmente, spunti di indagine assai più succulenti.
Certo, l’aver agitato lo spettro di un nemico esterno potente ed invisibile, un sabotatore oscuro, inviato dagli empi adepti della casta per distruggere la democrazia partecipata 2.0, panacea d’ogni male e garanzia conclamata di un glorioso Avvenire Digitale, in cui saremo tutti belli, felici e interconnessi, ha ricompattato in modo tanto formidabile quanto prevedibile la base del Movimento 5 Stelle.
Siamo, sostanzialmente, al sussidiario illustrato delle tecniche di comunicazione e di orientamento delle masse.
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